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di Michele Brambilla
Ma anche se lo fosse stata: dalla tragedia di Arezzo gli ultrà di tutta Italia hanno preso pretesto per scatenare una sorta di guerra civile degna d’un Paese sull’orlo di un golpe. Chi sono questi soggetti che hanno costretto otto squadre a non giocare, terrorizzato chi era allo stadio con i bambini, e poi incendiato caserme, ferito poliziotti, sfasciato auto e negozi? Sono singolari personaggi usi a scannarsi fra loro per l’«amore» a una maglia, ma anche a trovarsi solidali quando c’è da abbattere tutto ciò che ai loro occhi appare come l’ordine costituito, di cui lo «sbirro» è il facile simbolo. Ma quale «ordine»: è solo il vivere civile, la pacifica convivenza, la gioia di assistere a una partita di calcio. È tutto questo che hanno in odio.
Il poliziotto che ha sparato va processato e, se risulterà colpevole, condannato e licenziato. Ma che cosa ci fa più paura? La possibilità che una singola persona possa sbagliare o anche impazzire, oppure la presenza in Italia di simili bande? Ecco perché diciamo che i delinquenti sono loro, gli ultrà che ieri hanno messo a ferro e fuoco mezza Italia.
E non solo ieri. Sono anni che viviamo sotto l’incubo di questi personaggi che il mondo del calcio non ha mai avuto il coraggio di emarginare veramente. Quanti sono? Centomila? Cinquantamila? O forse solo ventimila? Comunque troppi. È una vergogna che ogni domenica migliaia di poliziotti - «ricompensati» con quattordici euro lordi - debbano essere sottratti a ben più importanti incarichi per evitare i danni di questi dementi.
Gli ultrà? Via, sciò, fuori dai piedi. Che non entrino mai più, negli stadi. E se sarà necessario fermare il calcio, lo si fermi. Per una volta ha ragione Beppe Grillo: ci ha stufato, questo calcio così stressante, aggressivo, con le sue polemiche che rincoglioniscono.
Noi stiamo con la polizia, non c’è neanche bisogno di dirlo.
Il poliziotto che ha sparato va processato e, se risulterà colpevole, condannato e licenziato. Ma che cosa ci fa più paura? La possibilità che una singola persona possa sbagliare o anche impazzire, oppure la presenza in Italia di simili bande? Ecco perché diciamo che i delinquenti sono loro, gli ultrà che ieri hanno messo a ferro e fuoco mezza Italia.
E non solo ieri. Sono anni che viviamo sotto l’incubo di questi personaggi che il mondo del calcio non ha mai avuto il coraggio di emarginare veramente. Quanti sono? Centomila? Cinquantamila? O forse solo ventimila? Comunque troppi. È una vergogna che ogni domenica migliaia di poliziotti - «ricompensati» con quattordici euro lordi - debbano essere sottratti a ben più importanti incarichi per evitare i danni di questi dementi.
Gli ultrà? Via, sciò, fuori dai piedi. Che non entrino mai più, negli stadi. E se sarà necessario fermare il calcio, lo si fermi. Per una volta ha ragione Beppe Grillo: ci ha stufato, questo calcio così stressante, aggressivo, con le sue polemiche che rincoglioniscono.
Noi stiamo con la polizia, non c’è neanche bisogno di dirlo.
Articolo 53: “Uso legittimo delle armi
Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non e' punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi e' costretto dalla necessita' di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorita' e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona (1) .
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali e' autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
(1)Comma cosi' modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152.
La legge determina gli altri casi, nei quali e' autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
(1)Comma cosi' modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152.
Fissiamo quindi la nostra attenzione: “quando vi e' costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorita' e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona” Stando alle testimonianza di persone super partes (ovvero non legate da alcun legame o vincolo all’accusa o alla difesa) non vi era necessità alcuna di impugnare l’arma e fare fuoco. Puntando oltretutto una vettura in movimento nell’area di servizio opposta facendo compiere al proiettile una traiettoria a dir poco potenzialmente pericolosa. Basti pensare che stiamo parlando della rete autostradale italiana dove con buona probabilità transitano veicoli di tutte le dimensioni ogni 2 secondi. Stiamo parlando non di un gesto avventato come quello che si può commettere in una situazione di estrema tensione o quando si è in pericolo, bensì di un gesto criminale che aveva il solo scopo di uccidere. Se anche avesse sparato in aria, o ponendo il caso che il proiettile sia stato deviato dalla rete, quale attenuante può invocare un uomo che estrae la pistola e fa partire un colpo a distanza di almeno 60 metri con la possibilità di per nulla remota di uccidere un automobilista in transito?NESSUNA. È colpevole come chiunque altri abbia commesso in vita un errore che è costato perdite umane. Quindi dovrebbe pagare....se solo qualcuno credesse ancora nella legge!
Pasquale Giordano
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