esperienze comunicative nel bagaglio da viaggio di un aspirante storyteller

giovedì 21 maggio 2009

Un pomeriggio con la poesia di Osiride Pozzilli

Tivoli, 20 maggio 2009
In occasione della presentazione della terza edizione di Vento di tramontana, svoltasi il giorno 20 maggio 2009 presso le Scuderie Estensi di Tivoli, il maestro Osiride Pozzilli ha rilasciato un intervista microfoni di Tivotv

Che cosa è per Lei il “Vento di tramontana”? Perché se lo figura come vento gelido del Nord?

Il vento di tramontana è un vento certamente gelido ma è un vento che fa pulizia, spazza il cielo da tutte le impurità, dal polline in questo periodo che gira e che fa male, dallo smog. Non è il vento di scirocco notoriamente caldo, afoso, appiccicoso ma un vento che porta pulizia.

In "Passeggiando per Roma", attraverso i suoi versi, si palesa l’allontanarsi della politica dal “barbone”, da chi dovrebbe ricevere concretamente aiuto dalla Politica. Quando la politica ha smesso di interessarsi attivamente ai problemi della gente?

La politica non può smettere di interessarsi delle persone. Il problema è di come si interessa alle persone quindi se la politica fa diventare le persone soggetti attivi, che partecipano alla politica e alla sua evoluzione perché la politica è la scienza del possibile, l’essenza della democrazia.
In quella poesia che lei ha citato in un ambiente impegnato, come era quello che ho frequentato io in cui sono stato un dirigente, purtroppo spesso si pensava che le persone da tutelare fossero solo  gli attivi, i lavoratori e si pensava un po’ meno agli emarginati. Oggi è diverso, forse c’è maggiore consapevolezza anche delle forze sociali. Coloro che sono emarginati non hanno rappresentanza politica e allora senza di loro dico in quella poesia non si può fare la rivoluzione e per rivoluzione intendo non si può cambiare il mondo. Senza le persone che sono emarginate, che soffrono perché non hanno lavoro perché non hanno da mangiare, senza quelle persone, senza l’interesse di quelle persone senza che quelli diventino attivi non si può cambiare il mondo. Io lo invito ad alzarsi (
il barbone, nda) e gli dico. "la rivoluzione senza di te non si può fare" proprio per dare questo significato alle cose. È compito della politica dare voce e interpretare le parole di coloro che sono emarginati. La politica deve farli partecipare, dare la possibilità anche all’ultimo. Per chi crede, anche per l’ultimo, c’è il regno dei cieli. Io dico anche per l’ultimo ci deve essere la partecipazione alla democrazia, alla politica. Senza loro c’è solamente una politica che spesso prevale ai tempi di oggi, politica rappresentativa delle corporazioni delle persone più forti, di coloro che la usano per interessi e fini proprî. Spesso, purtroppo, la politica ha consenso anche facendo questo. Nel nostro paese ne abbiamo un esempio lampante.

La sua è una poesia impegnata politicamente ma si pone in maniera critica nei confronti del potere politico. Come è possibile conciliare la poesia o l’arte in genere con la denuncia alla politica, con l’impegno politico?

Ti ricordi Sarina (
Aletta, attrice intervenuta per declamare le poesie del maestro, nda) di quell’incontro che facemmo a Modena dove un giovane come lui mi chiese: “Ma come fai a conciliare il fatto che tu sei un sindacalista con le cose che scrivi. Cose che aspirano all’Utopia, ai grandi ideali?" Gli risposi: “Io, ogni mattina, quando ero impegnato politicamente ma pure adesso  che mi dedico alla poesia alla pittura e che quindi sono impegnato dal punto di vista artistico, mi pongo questa domanda : Come faccio a rappresentare le mie idee, i miei ideali, le mie utopie nella vita quotidiana? La risposta spesso non me la so dare. Non me la do perché so che è molto difficile far coincidere le cose che io vorrei, quello che io penso, le grandi mie utopie con la vita quotidiana. Però se riesco a far piccoli passi per avvicinarmi a quelle utopie, a quelle idealità, alla sera quando è finita la giornata dico a me stesso che va bene, che qualche cosa ho fatto. Ma la risposta è difficile, mi pongo la stessa domanda anch’io tutte le mattine.

La poesia, come l’arte, impegnata politicamente si risolve poi per essere esercizio intellettuale di una ristretta cerchia di uomini che praticano la politica e non una fonte cui tutti possano attingere, eppure la nostra costituzione...

Viviamo in un paese democratico, con alla base una Costituzione che è nata da grandi filoni di pensiero: pensiero cattolico, pensiero comunista, pensiero socialista, pensiero liberale ma anche dallo stesso pensiero monarchico-liberale. Una tra le costituzioni più avanzate del mondo eppure spesso non si tiene conto di quei grandi valori ideali e principi che la costituzione repubblicana ha nel suo dettato, non si tiene conto dei bisogni di chi vorrebbe avvicinarsi alla politica.


In "Bambini" Lei tratta il problema dell’infanzia mancata. Nel raccontare i bambini di Marrakech quanto ha influito la sua infanzia nel secondo dopoguerra?

Da questo punto di vista sono stato un giovane molto fortunato sotto certi aspetti. Vivevo in campagna, con i miei nonni che facevano i contadini, per cui non ho mai sofferto la fame. Ho vissuto discretamente la mia infanzia, ma ho constatato girando il mondo e l’Italia che in molte zone l’infanzia purtroppo è maltrattata. Anziché pensare all’infanzia come al nostro futuro si pensa all’infanzia quasi come a un fastidio. È cronaca di oggi (
20 maggio 2009, nda): un bambino buttato dal balcone. Come si fa ad uccidere un bambino? Come si fa ad uccidere qualsiasi essere umano, ma un bambino?
I bambini dovrebbero giocare, studiare, vivere un mondo diverso da quello in cui viviamo. È compito nostro, che non siamo più bambini, che dovremmo cercare di non far vivere ai bambini queste cose tragiche.


Nelle sue poesie ricorre spesso il riferimento alla natura e all’ambiente. È mestiere del poeta decantarne la maestosità o è la preoccupazione dell’uomo che attende che la natura si riprenda ciò che le è stato tolto?

Il rapporto che ho con la natura è quindi tra me uomo e la natura universo. Non è il mestiere del poeta, è problema dell’uomo. Se l’uomo entra in conflitto con la natura, questa prima o poi vincerà sull’uomo stesso perché più forte. Non vince l’uomo, vince la natura. Lo abbiamo visto in mille occasioni. Se si dovesse andare avanti con la deforestazione si avrebbero le città più inquinate, problemi con il buco dell’ozono. Se non ci si ferma, se non si impone uno stop a questo sviluppo aggressivo e sfrenato con al centro non il benessere dell’uomo ma l’arricchimento, è chiaro che la natura si ribellerà e si vendicherà sull’uomo. La natura non è solo il mondo, è l’universo. Il nostro mondo è destinato ad implodere se continuiamo così. Diventeremo un granello di sabbia sparso per l’universo. 

Quale tra queste definizioni la identifica meglio: pittore, sindacalista, politico, giornalista, poeta?

Sarina (
Aletta, nda) nelle sue osservazioni sul mio modo di fare arte afferma che "non scrivo le poesie tanto per scriverle, non dipingo tanto per dipingere, ci devono essere dei fatti che mi suscitano emozioni e chemi spingono ad esprirmi in questo modo" . Il mio compito è quindi traslare queste mie emozioni in qualcosa che può essere una poesia un dipinto o qualsiasi altra cosa in grado di riequilibrarmi. Non sento mia una definizione più di un’altra.

Dove trae ispirazione e forza per produrre la sua arte?

Nella grande indignazione che io provo sempre quando vedo le ingiustizie. Quando vedo le cose che non vanno. Quando vedo la prepotenza di chi è al potere usata contro chi non ha potere. Quando vedo chi fa il forte con i deboli e debole con i forti.

Il narratore è in contatto con la storia, con l’attualità, con la vita sociale più del poeta che ha un lavoro più segreto, appartato. Lei si sente più narratore, quindi più inserito nella vita sociale, o un poeta, che osserva da lontano lo scorrere della vita?

Non mi sento narratore né poeta. Sono un uomo che vive in un determinato periodo della storia dell’umanità con tutte le contraddizioni che possono esserci in questo contesto ma con alcune sensibilità che sono mie. Mi sento un granello di sabbia in un universo immenso.

Riusciremo mai a cambiare questo mondo?

Non bisogna mai perdere la speranza di cambiare il mondo, in meglio naturalmente perché c’è chi lo vorrebbe cambiare in peggio. Il cambiamento in sé non ha un significato positivo, bisogna far sì che tutti gli uomini siano uguali a prescindere dal colore della loro pelle, dalla loro condizione sociale, dall’essere anziani o dall’essere bambini, dall’essere giovani, dall’essere scattanti dall’essere diversamente abili. Gli uomini devono essere considerati tutti alla stessa stregua, avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. Questo è il mondo che non c’è ma che vorremmo costruire. Dopo averlo costruito lo possiamo chiamare cristianesimo, buddismo, comunismo, socialismo, anarchismo. Le etichette servono a poco, i principi no, i principi sono fondanti. Aggiungo infine che non vorrei continuare a vedere di un uomo che sfrutta un altro uomo. Serve rispetto tra gli uomini.


Pasquale Giordano


Osiride Pozzilli, nato a Tivoli (Roma) l’8 settembre del 1944.

Impegnato fin da giovane, in attività politica e sociale ha ricoperto vari ruoli nella FGCI, nel PCI e nella CGIL a vari livelli, da quelli locali a quelli nazionali.
Giornalista pubblicista ha fondato e diretto nel corso degli anni due periodici: Roma Est e Romanziana.
Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: Ieri e oggi (Corsi Editore di Torino 1982) Gabbiano (cultura Duemila editore di Ragusa), Il camino della storia (Libro Italiano editore di Ragusa), Vento di tramontana (Veligraf Editrice di Roma).
Le sue poesie sono state musicate per la rappresentazione di opere liriche e canzoni.
Ha esposto con Personali in varie città italiane ed ha partecipato con riconoscimenti a mostre collettive e concorsi nazionali.
Ha realizzato anche opere scultoree moderne.




Ringrazio Antonio Giordano per il prezioso apporto autorale.

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