esperienze comunicative nel bagaglio da viaggio di un aspirante storyteller

martedì 7 luglio 2009

Associazione Italiana Master Scherma

Tivoli 23 giugno 2009



Dopo la travolgente avventura ai campionati assoluti di Tivoli, dove avevo scoperto il lato romantico del fioretto, mi sono lanciato con molto entusiasmo alla scoperta del mondo dei master.
E' il 21 giugno, fuori piove, poi esce il sole, poi di nuovo il diluvio, a Roma non ci sono più le mezze stagioni e sicuramente si stava meglio quando si stava peggio. Nella sede del Club Scherma Roma all'Acqua Acetosa mi aspettavo di trovare degli ex atleti che tiravano di scherma in modalità slow-motion, invece anche questa volta la scherma è riuscita a sorprendermi. Sarebbe ipocrita dire che ho trovato la stessa freschezza atletica degli assoluti, ma vi assicuro che non ho visto un solo schermidore o una sola schermitrice giocare a rilento o risparmiarsi in pedana.

All'inizio è stato difficile convincere qualcuno a concedersi. Credo che questo dipendesse dalla voglia di tutti di non perdere la concentrazione nel corso di questi assalti dal grande valore fiorettisco.
Il primo a parlare con me è Davide Ferrario: "Si crede che l'età porti esperienza, che si riesca col passare degli anni a non commettere gli stessi errori, invece non è così. Io compio gli stessi errori di 30 anni fa. Evidentemente deve essere stato un problema di imprinting". Gli fa eco Andrea Bocconi: "Essendo psicologo dopo aver lavorato su me stesso credevo di aver acquisito la capacità di gestire e controllare le mie emozioni in pedana e invece ho gli stessi colpi di testa di quando ero un quindicenne."
Rientro dentro, è ora di assalti. A pochissima distanza da me due signori chiacchierano sulla qualità della classe arbitrale e lo stato del fioretto italiano. Concordano sul fatto che "Una volta si considerava come attacco quello portato sul bersaglio oggi invece si bada più al movimento delle gambe." In che senso? "Basterebbe che i giudici di gara guardassero la punta del fioretto, di entrambi, per decidere a chi assegnare l'assalto. Loro invece guardano le gambe, le braccia. L'invenzione del movimento unico mortifica il fioretto, se marci sulla linea d'attacco dell'avversario e non minacci il bersaglio non puoi avere assegnato l'assalto. Si mortifica l'arte del fioretto." Gaetano Dall’Acqua avvocato, forse più dell'accusa " Facendo così si regalano seguaci alla spada che non essendo un'arma convenzionale assegna attacchi e assalti a tutti azzerando quindi le contestazioni nei confronti della giovane classe arbitrale. Non lo sento più mio questo fioretto. Il mio fioretto è una gara di Coppa del Mondo del 1974 a Bologna, girone difficile tanto da essere riconosciuto come quello dei campioni. Un girone composto da soli atleti delle nazionali più il primo della gara di qualificazione. Ricordo la bellezza di aver tirato con un vero fiorettista colonnello dell’Armata Rossa. Quattro volte campione del mondo era riuscito a fare un percorso netto tranne che con me. Persi di cinque stoccate a tre, ma aver portato tre attacchi è ancora adesso un motivo di vanto.

Mi viene incontro il presidente Nando Cappelli: “Ci hanno accusato di essere dei panzoni io ho sfidato molte persone a fare un assalto senza la maglietta.” Uomo gentile, genuino e innamorato ancora adesso della scherma. “La soddisfazione più grande è vedere sventolare sul pennone il tricolore italiano mentre nell’aria risuonano le note dell’inno. La prima volta che ho provato questa sensazione da protagonista è stato in Argentina dove ho vinto i Master Game. Da quando sono diventato presidente è come se salissi io in pedana o sul podio insieme ai ragazzi. Ho cominciato a 22 anni a tirare di scherma per caso, ricordo che ero insieme ai miei amici in giro e abbiamo visto una ragazza con in mano una sacca. Le abbiamo chiesto che cosa nascondesse in quella borsa, abbiamo pensato fosse un mandolino e per scoprirlo l’abbiamo seguita fino in palestra. Là ho incontrato il mio grande amico Antonio Albanese che mi ha fatto salire in pedana. Rimasi a tirare di scherma mentre i miei amici se ne andarono. Ricordo ancora quando partì per una gara di coppa del mondo, la famosa Challenge Monal, arrivai nei primi 32 riuscendo anche a racimolare qualche soldino. Organizzai delle feste per un’intera settimana, al mio ritorno a Bergamo fui licenziato. Fu la mia fortuna, comprai un camioncino e adesso ho una società di autotrasporti o meglio, i miei figli gestiscono la ditta e io mi dedico alla scherma. Continuiamo a tirare di scherma fin quando le signore ce lo permetteranno” ride “ Scherzo, anche le nostre signore sanno che questa attività ci fa del bene. Per esempio quando sono stressato prendo la mia sacca e vado a tirar di scherma. Mi rilasso, scarico tutta la tensione e a mia moglie non può che fare piacere. Dobbiamo pensare alla scherma per noi master ma soprattutto per i ragazzi. A Bergamo ho da poco creato una società sportiva frequentata da 200 ragazzi. Quasi tutti vengono accompagnati dai genitori e qualcuno tra loro ha ripreso a tirare di scherma. Addirittura pensa che ci sono dei figli che adesso praticano altri sport mentre i papà continuano a venire in sala a tirare.


Pasquale Giordano


info e contatti: Associazione Italiana Master Scherma

Pubblicato sul portale Scherma On line

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