esperienze comunicative nel bagaglio da viaggio di un aspirante storyteller
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giovedì 14 gennaio 2010

Capitan Censi: naturalmente, il calcio

di Pasquale Giordano
Vincenzo Censi (c)

Vincenzo Censi è un distinto signore di Tivoli. Posato e spesso sorridente, mai sopra le righe. È il capitano dell’A.S. Disabili Roma 2000 e soprattutto della nazionale italiana di calcio a 5 per non vedenti. L’amore di Vincenzo per il calcio si perde nei ricordi di un’infanzia passata a giocare “nei campi vicino casa”

Un tuffo dove l'acqua è più blu

di Pasquale Giordano
Simona Marcolongo

"Non per ultima è da sottolineare la stupenda prova di Simona Marcolongo, classificatasi seconda al Grand Prix di propaganda,portabandiera di una scuola nuoto in fervente crescita." (Il Centro, sabato 8 agosto 1992)

Il paragone verrebbe facile, una sirena fuori d’acqua. Lusingare la sua bellezza sarebbe cosa facile ma renderebbe poco onore a ciò per cui lei compie tanti sacrifici quotidianamente: il nuoto. Simona Marcolongo è una giovane nuotatrice ventiseienne di Tivoli. Già da piccola aveva scelto la piscina come parco giochi e palestra di vita.

mercoledì 17 giugno 2009

Intervista a Stefano Cerioni

Tivoli , 7 giugno 2009


Fiorettista di lungo corso e di molte medaglie, a 35 anni si ritira dall'attività agonistica per dedicarsi a tempo pieno a quella di maestro. Insegnare è nel suo DNA. Stefano Cerioni lo ha messo in pratica fin da atleta: tanti consigli ai giovani colleghi e ai compagni di nazionale. Dal 2005 Responsabile d'Arma (Commissario Tecnico) per il fioretto maschile.
Qual è lo stato di salute del fioretto italiano?
Il fioretto italiano è in un ottimo stato di forma sia per quanto riguarda il fioretto maschile che quello femminile. Abbiamo degli ottimi atleti che in questi anni hanno dimostrato di poter arrivare al massimo degli allori conquistando olimpiadi e mondiali.
In particolar modo, per il fioretto femminile, Valentina Vezzali rappresenta un esempio da seguire. Sta battendo tutti i record di vittorie possibili e immaginabili. Basti pensare che oggi (Campionati italiani assoluti, svoltisi il 7 giugno 2009 a Tivoli, nda) ha vinto la sua quattordicesima medaglia d’oro “assoluta” . È un piacere poterla guidare. Avere in lei un punto di riferimento e vedere che si mette in discussione in ogni momento nonostante abbia vinto tantissimo, dà la carica giusta a tutto l’ambiente.
Margherita Granbassi è un'altra grande atleta, bronzo alle ultime olimpiadi, campionessa del mondo a Torino sempre presente nelle gare in cui conta esserci. È un tassello fondamentale della nazionale italiana di fioretto femminile anche per quello che riguarda la dedizione al lavoro. Speriamo solo che questo infortunio non sia serio e rientri in fretta.
Poi ci sono le speranze azzurre. Il futuro prossimo è senz’altro di Arianna Errigo. Giovane fiorettista talentuosa di 21 anni, alla ribalta in questa annata con un primo, due secondi e tre quinti posti nelle gare di coppa del mondo disputate. Leadership da spartire con la Vezzali.
Riuscire a disputare un’annata come la sta disputando lei è un sintomo di grande forza e di ottime capacità personali. Non deve sedersi e credere di essere arrivata, deve servirle da stimolo per migliorare e cercare di arrivare ai risultati che merita, ovvero la vittoria in ogni competizione cui prenderà parte.
Dietro queste tre c’è sicuramente un grande gruppo che permette loro di rimanere al vertice delle classifiche mondiali. Gruppo che è già il presente della nostra nazionale: Salvatori; Cipriani; Di Francisca; Pigliapoco; Durando.
Per il futuro?
Per quanto riguarda il futuro a mettersi in mostra sono state fino adesso la Batini, la Volpi (cadetta), la De Costanzo del Club Scherma Roma e altre ancora che facendo parte di questo bel gruppo ci consentono di pensare sia al presente che al futuro con tranquillità.
Qual è il segreto della Vezzali?
La Vezzali oltre ad essere una grandissima lavoratrice, ha una grande tecnica. Può contare su una grande concentrazione. Lo ha dimostrato in quelle situazioni in cui, nonostante la forma non fosse delle migliori per colpa di un allenamento scostante, lei è comunque riuscita ad arrivare fino in fondo con una concentrazione che le ha consentito di non sbagliare nulla. È quello che serve in alcune situazioni dove lo scarto tra vincere riuscendo o perdere deludendo è minimo. Ha una freddezza e una lucidità che altre non hanno.
Ci parli del settore maschile
Il dualismo Cassarà-Baldini sta portando bene alla squadra italiana. Da quando Baldini è ritornato abbiamo collezionato 3 vittorie su 3 nelle competizioni a squadre. Questi risultati dimostrano l’effettivo valore della nazionale di fioretto maschile. Stiamo difendendo in maniera egregia il titolo di campione del mondo che lo scorso anno abbiamo conquistato a Pechino. Purtroppo siamo mancati di tranquillità alle olimpiadi. Una medaglia che poteva essere in più per la scherma italiana e che forse ci avrebbe permesso di compiere il giusto salto di qualche posizione nel computo delle medaglie vinte dall’Italia alle scorse olimpiadi
Che cosa manca alla scherma italiana perché possa godere di maggiore considerazione da parte dell’opinione pubblica?
Per adesso il problema principale è riuscire a far capire meglio che cos’è la scherma. Presentarla in maniera diversa potrebbe sicuramente essere una strada percorribile. In Francia, in Germania o in Russia, ovvero in quei paesi dove la scherma viene praticata fin dalle scuole, dove ogni persona sa interpretare bene quello che sta accadendo, il movimento della scherma ha un seguito maggiore. E’ chiaro che la ripresa televisiva piatta, veloce, con dei commenti da fare in due battute, non è in grado di rendere merito alla complessa bellezza che è di questo sport.
Come spiegherebbe la scherma a chi non la conosce?
È uno sport bellissimo, fatto di sacrifici. Puoi essere fisicamente in forma, tecnicamente preparato ma hai comunque bisogno di una concentrazione, di una forma mentis, che ti consenta di prendere decisioni in maniera veloce, rapida e decisa. Un ottimo allenamento per la vita.
Pasquale Giordano

Intervista al vincitore del XXIV edizione del Festival delle Cerase

Palombara Sabina, 6 giugno 2009



Sabato 6 Giugno 2009 presso il Cinema Nuovo Teatro di Palombara Sabina (RM) si è svolta la serata conclusiva del Festival delle Cerase.
Vincitore della XXIV edizione, del più antico festival dedicato esclusivamente alla produzione nazionale, è stato Giulio Manfredonia con il film “Si può fare” :
E’ una sensazione bellissima. Non è la prima volta che vengo ma è la prima volta che vengo a concorrere. Sarà perché abbiamo vinto ma mi è sembrata una bellissima serata. Un magnifico mix tra una serata informale, leggera e divertente, e una importante dove si tratta la cultura ma lo si fa con semplicità. Così come è il cinema che mi piace vedere.
Un’impressione del cinema italiano da addetto ai lavori
In questi anni è venuto fuori un potenziale di tante persone che lavorano nel cinema e che hanno delle cose da dire delle cose da raccontare. Sul fronte invece delle parte industriale e organizzativa ci sarebbe tanto da fare. Siamo una nicchia, che lavora per far ritornare il cinema a quello che era prima ovvero un grande fenomeno popolare. Per far questo, secondo me, serve un intervento più strutturale, di tipo politico.
Che cosa chiederebbe ad un politico?
Noi abbiamo avuto qualche volta dei colloqui con i politici e abbiamo tentato insieme di scrivere una nuova legge sul cinema. Bisognerebbe obbligare le persone che traggono vantaggio dal cinema a investire nel cinema stesso. Normale in tanti paesi del mondo ma non in Italia. Quindi bisognerebbe che le televisioni generaliste ma anche le televisioni satellitari, chi sfrutta il cinema nelle fasi successive come l’industria della distribuzione home-video o le compagnie di telefonia mobile che riescono ad avere grandi introiti sfruttando i contenuti dei film e del cinema, investissero nei progetti dei registi italiani. Questo in parte si sta tentando di fare, a tal proposito aspettiamo i regolamenti attuativi del Tax Credit (si tratta di agevolazioni che prevedono interventi di crediti di imposta, il cosiddetto tax credit, ma anche di detassazione degli utili reinvestiti, il cosiddetto tax shelter, nda), in modo da allargare il numero degli interlocutori incentivando i produttori indipendenti a investire nel cinema.

Pasquale Giordano



giovedì 21 maggio 2009

Un pomeriggio con la poesia di Osiride Pozzilli

Tivoli, 20 maggio 2009
In occasione della presentazione della terza edizione di Vento di tramontana, svoltasi il giorno 20 maggio 2009 presso le Scuderie Estensi di Tivoli, il maestro Osiride Pozzilli ha rilasciato un intervista microfoni di Tivotv

Che cosa è per Lei il “Vento di tramontana”? Perché se lo figura come vento gelido del Nord?

Il vento di tramontana è un vento certamente gelido ma è un vento che fa pulizia, spazza il cielo da tutte le impurità, dal polline in questo periodo che gira e che fa male, dallo smog. Non è il vento di scirocco notoriamente caldo, afoso, appiccicoso ma un vento che porta pulizia.

In "Passeggiando per Roma", attraverso i suoi versi, si palesa l’allontanarsi della politica dal “barbone”, da chi dovrebbe ricevere concretamente aiuto dalla Politica. Quando la politica ha smesso di interessarsi attivamente ai problemi della gente?

La politica non può smettere di interessarsi delle persone. Il problema è di come si interessa alle persone quindi se la politica fa diventare le persone soggetti attivi, che partecipano alla politica e alla sua evoluzione perché la politica è la scienza del possibile, l’essenza della democrazia.
In quella poesia che lei ha citato in un ambiente impegnato, come era quello che ho frequentato io in cui sono stato un dirigente, purtroppo spesso si pensava che le persone da tutelare fossero solo  gli attivi, i lavoratori e si pensava un po’ meno agli emarginati. Oggi è diverso, forse c’è maggiore consapevolezza anche delle forze sociali. Coloro che sono emarginati non hanno rappresentanza politica e allora senza di loro dico in quella poesia non si può fare la rivoluzione e per rivoluzione intendo non si può cambiare il mondo. Senza le persone che sono emarginate, che soffrono perché non hanno lavoro perché non hanno da mangiare, senza quelle persone, senza l’interesse di quelle persone senza che quelli diventino attivi non si può cambiare il mondo. Io lo invito ad alzarsi (
il barbone, nda) e gli dico. "la rivoluzione senza di te non si può fare" proprio per dare questo significato alle cose. È compito della politica dare voce e interpretare le parole di coloro che sono emarginati. La politica deve farli partecipare, dare la possibilità anche all’ultimo. Per chi crede, anche per l’ultimo, c’è il regno dei cieli. Io dico anche per l’ultimo ci deve essere la partecipazione alla democrazia, alla politica. Senza loro c’è solamente una politica che spesso prevale ai tempi di oggi, politica rappresentativa delle corporazioni delle persone più forti, di coloro che la usano per interessi e fini proprî. Spesso, purtroppo, la politica ha consenso anche facendo questo. Nel nostro paese ne abbiamo un esempio lampante.

La sua è una poesia impegnata politicamente ma si pone in maniera critica nei confronti del potere politico. Come è possibile conciliare la poesia o l’arte in genere con la denuncia alla politica, con l’impegno politico?

Ti ricordi Sarina (
Aletta, attrice intervenuta per declamare le poesie del maestro, nda) di quell’incontro che facemmo a Modena dove un giovane come lui mi chiese: “Ma come fai a conciliare il fatto che tu sei un sindacalista con le cose che scrivi. Cose che aspirano all’Utopia, ai grandi ideali?" Gli risposi: “Io, ogni mattina, quando ero impegnato politicamente ma pure adesso  che mi dedico alla poesia alla pittura e che quindi sono impegnato dal punto di vista artistico, mi pongo questa domanda : Come faccio a rappresentare le mie idee, i miei ideali, le mie utopie nella vita quotidiana? La risposta spesso non me la so dare. Non me la do perché so che è molto difficile far coincidere le cose che io vorrei, quello che io penso, le grandi mie utopie con la vita quotidiana. Però se riesco a far piccoli passi per avvicinarmi a quelle utopie, a quelle idealità, alla sera quando è finita la giornata dico a me stesso che va bene, che qualche cosa ho fatto. Ma la risposta è difficile, mi pongo la stessa domanda anch’io tutte le mattine.

La poesia, come l’arte, impegnata politicamente si risolve poi per essere esercizio intellettuale di una ristretta cerchia di uomini che praticano la politica e non una fonte cui tutti possano attingere, eppure la nostra costituzione...

Viviamo in un paese democratico, con alla base una Costituzione che è nata da grandi filoni di pensiero: pensiero cattolico, pensiero comunista, pensiero socialista, pensiero liberale ma anche dallo stesso pensiero monarchico-liberale. Una tra le costituzioni più avanzate del mondo eppure spesso non si tiene conto di quei grandi valori ideali e principi che la costituzione repubblicana ha nel suo dettato, non si tiene conto dei bisogni di chi vorrebbe avvicinarsi alla politica.


In "Bambini" Lei tratta il problema dell’infanzia mancata. Nel raccontare i bambini di Marrakech quanto ha influito la sua infanzia nel secondo dopoguerra?

Da questo punto di vista sono stato un giovane molto fortunato sotto certi aspetti. Vivevo in campagna, con i miei nonni che facevano i contadini, per cui non ho mai sofferto la fame. Ho vissuto discretamente la mia infanzia, ma ho constatato girando il mondo e l’Italia che in molte zone l’infanzia purtroppo è maltrattata. Anziché pensare all’infanzia come al nostro futuro si pensa all’infanzia quasi come a un fastidio. È cronaca di oggi (
20 maggio 2009, nda): un bambino buttato dal balcone. Come si fa ad uccidere un bambino? Come si fa ad uccidere qualsiasi essere umano, ma un bambino?
I bambini dovrebbero giocare, studiare, vivere un mondo diverso da quello in cui viviamo. È compito nostro, che non siamo più bambini, che dovremmo cercare di non far vivere ai bambini queste cose tragiche.


Nelle sue poesie ricorre spesso il riferimento alla natura e all’ambiente. È mestiere del poeta decantarne la maestosità o è la preoccupazione dell’uomo che attende che la natura si riprenda ciò che le è stato tolto?

Il rapporto che ho con la natura è quindi tra me uomo e la natura universo. Non è il mestiere del poeta, è problema dell’uomo. Se l’uomo entra in conflitto con la natura, questa prima o poi vincerà sull’uomo stesso perché più forte. Non vince l’uomo, vince la natura. Lo abbiamo visto in mille occasioni. Se si dovesse andare avanti con la deforestazione si avrebbero le città più inquinate, problemi con il buco dell’ozono. Se non ci si ferma, se non si impone uno stop a questo sviluppo aggressivo e sfrenato con al centro non il benessere dell’uomo ma l’arricchimento, è chiaro che la natura si ribellerà e si vendicherà sull’uomo. La natura non è solo il mondo, è l’universo. Il nostro mondo è destinato ad implodere se continuiamo così. Diventeremo un granello di sabbia sparso per l’universo. 

Quale tra queste definizioni la identifica meglio: pittore, sindacalista, politico, giornalista, poeta?

Sarina (
Aletta, nda) nelle sue osservazioni sul mio modo di fare arte afferma che "non scrivo le poesie tanto per scriverle, non dipingo tanto per dipingere, ci devono essere dei fatti che mi suscitano emozioni e chemi spingono ad esprirmi in questo modo" . Il mio compito è quindi traslare queste mie emozioni in qualcosa che può essere una poesia un dipinto o qualsiasi altra cosa in grado di riequilibrarmi. Non sento mia una definizione più di un’altra.

Dove trae ispirazione e forza per produrre la sua arte?

Nella grande indignazione che io provo sempre quando vedo le ingiustizie. Quando vedo le cose che non vanno. Quando vedo la prepotenza di chi è al potere usata contro chi non ha potere. Quando vedo chi fa il forte con i deboli e debole con i forti.

Il narratore è in contatto con la storia, con l’attualità, con la vita sociale più del poeta che ha un lavoro più segreto, appartato. Lei si sente più narratore, quindi più inserito nella vita sociale, o un poeta, che osserva da lontano lo scorrere della vita?

Non mi sento narratore né poeta. Sono un uomo che vive in un determinato periodo della storia dell’umanità con tutte le contraddizioni che possono esserci in questo contesto ma con alcune sensibilità che sono mie. Mi sento un granello di sabbia in un universo immenso.

Riusciremo mai a cambiare questo mondo?

Non bisogna mai perdere la speranza di cambiare il mondo, in meglio naturalmente perché c’è chi lo vorrebbe cambiare in peggio. Il cambiamento in sé non ha un significato positivo, bisogna far sì che tutti gli uomini siano uguali a prescindere dal colore della loro pelle, dalla loro condizione sociale, dall’essere anziani o dall’essere bambini, dall’essere giovani, dall’essere scattanti dall’essere diversamente abili. Gli uomini devono essere considerati tutti alla stessa stregua, avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. Questo è il mondo che non c’è ma che vorremmo costruire. Dopo averlo costruito lo possiamo chiamare cristianesimo, buddismo, comunismo, socialismo, anarchismo. Le etichette servono a poco, i principi no, i principi sono fondanti. Aggiungo infine che non vorrei continuare a vedere di un uomo che sfrutta un altro uomo. Serve rispetto tra gli uomini.


Pasquale Giordano


Osiride Pozzilli, nato a Tivoli (Roma) l’8 settembre del 1944.

Impegnato fin da giovane, in attività politica e sociale ha ricoperto vari ruoli nella FGCI, nel PCI e nella CGIL a vari livelli, da quelli locali a quelli nazionali.
Giornalista pubblicista ha fondato e diretto nel corso degli anni due periodici: Roma Est e Romanziana.
Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: Ieri e oggi (Corsi Editore di Torino 1982) Gabbiano (cultura Duemila editore di Ragusa), Il camino della storia (Libro Italiano editore di Ragusa), Vento di tramontana (Veligraf Editrice di Roma).
Le sue poesie sono state musicate per la rappresentazione di opere liriche e canzoni.
Ha esposto con Personali in varie città italiane ed ha partecipato con riconoscimenti a mostre collettive e concorsi nazionali.
Ha realizzato anche opere scultoree moderne.




Ringrazio Antonio Giordano per il prezioso apporto autorale.

martedì 12 maggio 2009

Tivoli, non mollare

Dopo una partenza deludente, i tiburtini si sono ripresi e navigano a metà classifica




Il capitano Fabiano Capobianchi suona la carica: "Abbiamo cominciato male, ma ora siamo pronti a riscattarci"

Se si è dei giovani prestanti e ben disposti al sacrificio, presso il campo Roccabruna è possibile trovare la migliore palestra di vita della valle dell’Aniene, casa da qualche anno della Società Sportiva Tivoli Rugby, Dalle 16.30 alle 21.30 è un susseguirsi di squadre. Cominciano i bambini dell’under 7-9-11 poi è la volta dell’under 13, dell’under 15 e under 17 , a seguire il futuro prossimo del rugby tiburtino, ovvero i ragazzi dell’under 19 che proprio in questo inizio di stagione si sono distinti sul campo essendo stati protagonisti di match durissimi e combattuti, naturalmente vinti, contro le rappresentative del Colleferro e del Segni. “Sarà questo il nostro futuro. Saranno loro tra qualche tempo a essere padroni delle sorti in campo del Tivoli Rugby”. A parlare è Fabiano Capobianchi, sarà lui a guidarci alla scoperta di questa meravigliosa realtà sportiva. “Tra poco arriveranno anche gli altri ragazzi e sarà il nostro turno di allenamento.” Fabiano da queste parti è conosciuto semplicemente come il capitano. Dai modi schietti e sinceri, capitano lui lo è davvero a giudicare dal rispetto che tutti hanno nei suoi confronti. “Ho cominciato nel 1994 a Tivoli. Allora non esisteva il Tivoli Rugby ma noi eravamo lo stesso in campo indossando la maglia dell’ITIS A. Volta di Tivoli. Crescendo sono passato alle giovanili della Lazio Rugby, il cui presidente era Mario Ricciardi, giocando nell’under 20, nell’under 21 e riuscendo ad esordire anche nel campionato di serie B” Ma non è finita qua: “Ho avuto anche qualche convocazione nella rappresentativa regionale. Poi finalmente nel 2004 è nata questa splendida avventura e siamo tutt’ora in ballo.” La prima squadra del Tivoli Rugby milita nel campionato di serie C da ormai molti anni “Siamo tra i 25 e i 30 rugbisti agli ordini dell’allenatore Claudio Angeli e del preparatore fisico Roberto Melillo. Questo è il nostro quinto anno d’attività, siamo a metà classifica nel nostro girone.” Qualche rammarico? “Si. Purtroppo la nostra stagione è cominciata nel peggiore dei modi. Abbiamo dovuto rinunciare a molti ragazzi che giocavano con noi, chi per motivi personali chi per infortunio e soprattutto molti per motivi di lavoro. Le altre società del nostro girone hanno investito moltissimo per rinforzare le squadre, dei nostri invece nessuno percepisce uno stipendio e anzi, tutte le risorse finanziarie e umane sono state investite per far crescere il vivaio. I nostri tecnici garantiscono un altissimo standard di preparazione. Sono tutti degli ex giocatori ma soprattutto qualificati, avendo seguito i corsi della FIR, per allenare e far crescere al meglio i nostri ragazzi più giovani.” E’ una scelta che da i suoi frutti? “In questo campionato, grazie agli innesti di qualche elemento proveniente dalla 19, siamo riusciti a limitare i danni. La squadra è molto giovane e quanto guadagniamo in freschezza lo perdiamo nell’inesperienza. Quest’anno abbiamo visto sfuggire dalle nostre mani qualche partita proprio all’ultimo minuto. Siamo stati sfortunati e ingenui, ma imparare dagli errori commessi è un ottimo modo per non ripetere gli errori stessi.” Cosa ti aspetti per il prossimo futuro? “Anche i campionati che verranno, ci vedranno sicuramente protagonisti del nostro girone, ma saranno anche i prossimi un’ottima vetrina per il nostro vivaio e un’irripetibile occasione di crescita per tutti, soprattutto per chi nei prossimi anni si affaccerà in prima squadra. Attendiamo che vengano ultimati i lavori di ammodernamento del campo, sperando di poter disporre delle strutture complementari adatte all’attività rugbistica.” Ogni anno vi prodigate per incontrare tutti ragazzi che frequentano le scuole cittadine. Cosa vi aspettate di trasmettere ai ragazzi e alle loro famiglie, che vedono nel rugby uno sport duro e quindi destinato a pochi selezionati Adone? “Non è assolutamente vero, il rugby è uno sport per tutti. Anche tra le nostre file non tutti possono essere considerati degli energumeni, eppure continuano ad essere giocatori importanti della squadra. E’ uno sport di fatica, la vera discriminante è la forza di volontà. A chi chiedeva ad Andrea lo Cicero che cosa fosse il rugby, lui rispose: “Il rugby è la poesia del sacrificio” A rugby si gioca con le mani e con i piedi, ma in particolare con la testa e con il cuore In questi giorni stiamo attuando una campagna rivolta ai bambini sotto i 13 anni, ai quali è garantita un’ottima formazione fisica, buona dose di rispetto per il prossimo e un ambiente sano, il tutto completamente gratis. Basta presentarsi il martedì e il venerdì dalle 16.30 alle 18 presso il campo Roccabruna” a Villa Adriana oppure consultare il nostro sito www.tivolirugby.it per avere maggiori informazioni “ Non resta che lo spazio per i saluti ”Un saluto a tutti i ragazzi della prima squadra che nonostante le avversità si ostinano a non voler mollare e a non perdere il sorriso dipinto in faccia. Andando avanti sempre col sostegno degli altri.”

Articolo pubblicato sul quotidiano "Nuovo Oggi Guidonia Tivoli" Domenica 15 Febbraio 2009, pag. 22
Intervento pubblicato il 16 febbraio 2009 sul sito internet Tibur Superbum Tivoli Rugby Club
Pasquale Giordano