esperienze comunicative nel bagaglio da viaggio di un aspirante storyteller

mercoledì 30 dicembre 2009

Lacrime, gioia, delusioni: un anno di rugby italiano [seconda parte]

di Pasquale Giordano
Benetton Treviso festeggia nel Flaminio desolatamente  vuoto
Dicevamo ieri che il 2009 avrebbe dovuto essere lo spartiacque tra quello che era e quello che avrebbe potuto diventare il rugby in Italia. Oggi tratteremo la "questione stadi".
Il rugby in Italia è soprattutto quello giocato nei campi polverosi e fangosi di provincia prima di quello giocato sul manto verde del Flaminio o meglio ancora di San Siro. Circa trentamila tesserati che parlano e vivono uno sport particolare e passionale. Senza voler fare ovvi paragoni con il calcio e con i suoi tendoni da circo, si potrebbe focalizzare l'attenzione su qualche evento dell'anno passato e qualche dichiarazione per il futuro.

Antonio Pavanello, alza il trofeo conquistato, in un Flaminio deserto
L'ultimo week-end dello scorso maggio si è tenuta, in gran segreto, a Roma una tre giorni dall'alto valore simbolico rugbystico. Il 29/30/31 si sono disputate al Flaminio le finali per l'assegnazione dei titoli di categoria: Under 19, Serie A, Serie A femminile e soprattutto la finalissima tra Viadana e Treviso per la vittoria finale del Super10. La notizia ufficiale è datata fine aprile ma la decisione risale al consiglio federale dell'estate 2008, ben nove mesi in cui si è taciuto e non si è pubblicizzato in alcun modo l'evento. Risultato: 6000 persone hanno desolatamente affollato il Flaminio in un assolato sabato "pre-ponte" del 2 giugno.
Tifosi aquilani al week-end di rugby di roma
Buona parte dei presenti provenivano da l'Aquila per assistere alla partita, tra i neroverdi aquilani e i Cavalieri pratesi, che avrebbe consegnato una neopromossa al super 10. La partita è cominciata alle 17:30 e si è protratta abbondantemente oltre le venti facendo slittare di mezzora l'inizio della finalissima tra Viadana e Treviso. Gli aquilani a metà del primo tempo della finalissima avevano abbandonato le tribune romane e alla fine Pavanello e compagni hanno festeggiato con pochi intimi la conquista del campionato, non più di mille persone quelle rimaste. L'idea di accorpare in un solo week-end tutte le partite più importanti dell'intero movimento è stata quantomai malsana. Ad esempio ha costretto la nazionale italiana femminile a rinunciare all'apporto delle atlete trevigiane nel torneo che avrebbe loro consentito di accedere ai mondiali del 2010, obiettivo purtroppo fallito. L'anno scorso il campionato di super 10 annoverava due sole squadre romane (Capitolina, Rugby Roma) e sarebbe stato molto difficile per loro raggiungere la fase finale del torneo. Non avrebbe dovuto essere un esercizio intellettualmente difficile prevedere una finale scudetto con sede in una città del nord piuttosto che nell'affascinante cornice del Flaminio. Tra le altre cose l'orario era dei più disagevoli perché nessun treno avrebbe lasciato le banchine delle stazioni romane direzione nord appena dopo il fischio di fine partita. La figuraccia ha dato il colpo di grazia alla già defunta LIRE (Lega Italiana Rugby d'Eccellenza), istituita perchè potesse promuovere il rugby italiano e rinnegata come un'amica fedifraga.
L'Italia e la figuraccia
Passa poco tempo e vengono rese note le sedi delle partite tra la nazionale e All Blacks, Manu Samoa e Springboks: Meazza di Milano; Del Duca di Ascoli; Franchi di Firenze. Questa volta il compito di organizzare il tutto viene demandato alla RCS. Si cominciano a vendere i biglietti e a pubblicizzare le tre date, sennonché la nazionale di rugby si scopre di colpo essere ospite scomoda e sgradita dell'AC Fiorentina, in particolar modo del suo presidente Della Valle, che si oppone all'accordo tra il Comune di Firenze e l'organizzazione dell'evento adducendo preoccupazioni per il manto erboso che non avrebbe retto all'incontro della nazionale il sabato e di campionato la domenica. In realtà c'era in atto un braccio di ferro tra la famiglia Della Valle e Palazzo della Signoria per la concessione edilizia che avrebbe permesso ai DV di edificare una cittadella viola. Stranamente, a seguito di questo episodio, ai Della Valle questa concessione è arrivata. Il giorno successivo hanno messo in vendita la società viola (ma questa è un'altra storia). Il rugby non conta politicamente e la partita viene spostata all'ultimo momento al Friuli di Udine, la figuraccia in ambito internazionale è pessima. Come al solito ci ritroviamo ad essere giustamente considerati come dei dilettanti allo sbaraglio privi di una qualsivoglia organizzazione. Della serie: "Campa lu jornu e campalu bònu. Mangia, chiagni e futti pronu". L'entusiasmante sfida di San Siro con gli All Blacks è passata agli occhi dei media solo come esibizione dell'Haka neozelandese e poco più che un incontro tra omaccioni (o frigoriferi, cit. La Repubblica) che si picchiano e si spingono ma sempre con un pensiero al terzo tempo, alla lealtà e alla pace sugli spalti. Nessuna menzione sulla prestazione della mischia, nessuna sull'inconcludente linea dei trequarti italiani. Nulla di tutto ciò, solo un circo abitato da fenomeni da baraccone.
Stadio Flaminio strapieno
La Fir, di fatto, aiuta i media a dipingere questo scenario. Il Flaminio è stato eletto a casa della nazionale ma sta stretto a molti. Stretto perchè poco capiente e stretto perchè lontano dal "rugby italiano che conta". Giancarlo Dondi, celandosi dietro la "richiesta del torneo che vuole mantenere alto il prestigio che ha e ci impone di  giocare in stadi adeguati",  ha lanciato un aut aut al Campidoglio tuonando che non avrebbe voluto trovarsi nella spiacevole situazione di cercare un altro stadio dove disputare le partite della nazionale. D'altronde, avrebbe dove andare. Si fa quindi più insistente la pista che porta a Firenze o più clamorosamente a Milano. Nulla di scandaloso se non fosse che buona parte dello stivale verrebbe privata della possibilità di godere delle partite della nazionale.
mappa circuito Gp di Roma
Il rugby non conta nulla in Italia (repetita iuvant) e non scopro l'acqua calda ma l'ultima notizia ha del vergognoso. Come è noto si sta lavorando per portare il Gran Premio sull'affollato vialone Cristoforo Colombo a Roma. Maestosi progetti che in nome del progresso -gretto, caciarone e arrogante- sono pronti a sacrificare pezzi di storia ovale. È il caso del Tre Fontane casa da sempre della Rugby Roma Olimpic e teatro di mille battaglie del rugby romano. È vero che il sindaco Alemanno ha promesso che verrà edificato un nuovo impianto nella zona di Spinaceto ma è umiliante come non si tenga conto del valore affettivo e sportivo che il Tre Fontane ha per tutto il movimento romano. Lapalissiano come sull'altare del dio denaro sia facilmente sacrificabile qualcosa che abbia la forma ovale senza che nessuno batta ciglio.

[......continua domani...]

Lancio una provocazione: ormai abbiamo capito che il calcio, da sport si sta trasformando in spettacolo e c'è bisogno di altri "palcoscenici di proprietà delle stesse società". Io mi auguro che questa necessità possa essere esaurita nel minor tempo possibile in modo da lasciare il comfort dei seggiolini del Tardini di Parma, del Franchi di Firenze e perchè no di San Siro e dell'Olimpico ai frequentatori dei restanti sport praticati all'aperto. 

1 commento:

Unknown ha detto...

Come sempre il dio denaro comanda sovrano e fa e disfa a suo piacimento calpestando tutto e tutti senza una grinza di rammarico anzi con superbia si fa sue tutte le ragioni, non posso non dare raggione al bravo e sempre preciso Pasquale mai noioso nei suoi bei articoli mai banali, cerchiamo di aiutare questo stupendo sport da me da poco conosciuto ma unico tutti uniti forse riusciremo quia Roma a farlo amare come merita. Tommaso