esperienze comunicative nel bagaglio da viaggio di un aspirante storyteller

giovedì 3 dicembre 2009

A lezione di rugby dal coach Claudio Angeli

di Pasquale Giordano
Claudio Angeli
Mi sono avvicinato a questo sport perché ero affascinato dai suoi principi. Se ci pensi bene sono gli stessi della vita di tutti i giorni: andare avanti; sostegno; continuità. Per me il rugby è uno stile di vita, un modello di vita.


Villa Adriana - Domenica 29 novembre, spogliatoio dell’Amatori Tivoli Rugby. Claudio Angeli sta parlando alla squadra. Tiene l’ultimo discorso prima di lasciare la parola al capitano che guiderà in campo i quindici. Stanno tutti in silenzio ad ascoltare quello che il coach ha da dire, sono tutti tesi e carichi allo stesso tempo. I soli rumori che accompagnano le parole del mister sono i tacchetti che battono sul pavimento metallico dello spogliatoio. Fuori, ad aspettarli, c’è il Rugby Frascati.
Ironia della sorte Claudio Angeli proprio con indosso i colori giallorossi frascatani ha cominciato a giocare a rugby.


Ho cominciato praticando agonisticamente nuoto addirittura arrivando anche alle selezioni regionali. Un giorno alcuni amici mi invitarono ad un allenamento di rugby e da allora sono passati più di quaranta anni e non mi sono più allontanato da questo mondo. Iniziai così un’avventura rugbistica nelle giovanili del Frascati. L’anno successivo, a causa di numerose defezioni per squalifiche della prima squadra, riesco a esordire in serie A. Ricordo che eravamo a Catania. Quell’anno insieme a me esordirono 6 ragazzi della giovanile fra i quali l’attuale segretario generale del Coni. Dal 1970 ho prestato servizio militare presso la compagnia atleti esercito italiano disputando sempre il campionato di serie A.
In seguito ho ricevuto alcune richieste di trasferimento da Brescia, dalla Rugby Roma Olimpic che allora si chiamava Algida (giocava al Flaminio avendo in rosa tra gli altri Caligiuri, Gabrielli e due All Blacks Oliver, Haden), ma ho continuato a giocare a Frascati.”


Quando ha cominciato ad allenare?
“A causa di ripetuti infortuni alla spalla destra ho deciso a soli 25 anni di iniziare l’attività di allenatore. Cominciai dalla giovanile del Frascati nella quale militavano futuri nazionali: Bargelli, Paoletti, Spagnoli. Da allora ininterrottamente si sono susseguite: under17; under19; minirugby; rugby nelle scuole; trionfo nel campionato di serie B nell’80; campionato successivo in serie A del Frascati.  Ho allenato anche la prima squadra del Cus Roma in serie B, sono stato tecnico regionale, Ho allenato le under17 e 19 della Rugby Roma Olimpic e ho avuto il piacere di allenare due giocatori del futuro sei nazioni De Carli, Rosselli. Poi ancora Under 17 e 19 del Cus Roma, Rugby Frascati e da circa 5 anni la Tivoli Rugby.”


Appunto, come mai Tivoli Rugby?
“Vengo interpellato cinque anni orsono dall'allora presidente Ricciardi con le testuali parole: "Claudio vuoi venire ad insegnare il rugby?". Usare la parola insegnare e non vincere è stata la chiave per una mia risposta affermativa. Sono soddisfatto del mio lavoro ma soprattutto di quello dei giocatori, dei tecnici, del presidente, dei dirigenti, degli sponsor che hanno contribuito all'evoluzione del primo gruppo formato e chiamato simpaticamente da me biondi, rosci e cani pezzati.
Un gruppo che nel prosieguo ha raggiunto due finali per la serie B, partendo da circa 25 persone è arrivato agli attuali 120 rugbisti evidenziando la crescita di tutto il settore giovanile e del minirugby. Non siamo sicuramente i più forti tecnicamente ma tra i primi della nostra categoria come numero di praticanti ed organizzazione societaria.


Come era il rugby quando lei ha cominciato e come è cambiato negli anni?
“Agli inizi il rugby era più un gioco di potenza e la mischia era territorio di masse umane, non c’erano sostituzioni perciò nel corso del primo tempo si battagliava in mischia e il più delle volte qualche avversario usciva malconcio dandoci la possibilità di prendere il sopravvento .
Oggi il rugby, con l’evoluzione delle regole e del gioco atto a migliorare lo spettacolo, è più gioco globale. Le caratteristiche tecniche individuali e fisiche dei giocatori tendono ad equivalersi così è necessario sostenere più allenamenti sul campo e in palestra.”


Perché ha scelto proprio il rugby?
“Mi sono avvicinato a questo sport perché ero affascinato dai suoi principi. Se ci pensi bene sono gli stessi della vita di tutti i giorni: andare avanti; sostegno; continuità. Per me il rugby è uno stile di vita, un modello di vita. L’unico sport che viene praticato con le stesse regole a tutte le latitudini. Il nome non richiama un’azione di gioco o un materiale sportivo o ancora una dicitura, è semplicemente il nome di una piccola cittadina inglese, appunto RUGBY. Poteva essere Roma, New York e perché no anche Tivoli”.


Perché secondo lei il rugby attecchisce poco in Italia?
“Lo sport nazionale è il calcio che muove positivamente e, ahimè, negativamente grossi interessi economici. In Italia sono convinto che per il vile denaro si farebbe di tutto.
Gli italiani non hanno una cultura sportiva. In special modo nelle scuole mancano le attrezzature, mancano le palestre, le piscine, i campi. Tutto questo viene demandato alle società sportive che si reggono grazie al supporto di alcuni sponsor e delle quote associative degli atleti.
Lo sport non deve essere selettivo e per poche persone. Lo sport è un diritto e un dovere della collettività. Non lamentiamoci poi dell'alcol, della droga, della criminalità. Diamo delle motivazioni e delle opportunità a tutti poiché lo sport fa bene e si può praticare con semplici movimenti (camminate, esercizi motori etc.) dalla nascita alla vecchiaia.”


È tempo di saluti
“Concludendo questa intervista quale migliore auspicio se non : andiamo avanti, sosteniamoci, continuiamo a raggiungere con l'aiuto di tutti nuovi obiettivi e una nuova meta. Viva il rugby"


 Viva i maestri di rugby come Claudio Angeli, aggiungo io.

Intervista pubblicata su "XL, quindicinale per la Cultura le Associazioni e il Tempo Libero", numero 21 del 3 dicembre 2009,  pagina 21.

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